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Efficacia scriminante del modello di gestione e dovere di verifica da parte del giudice

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Responsabilità degli Enti - Blog 27/11/2019 Saev Group

Con la sentenza 43656/2019 della V Sezione penale del 28 ottobre 2019, la Corte di Cassazione ha stabilito che le sanzioni previste dal d. lgs 231/2001 per la responsabilità amministrativa degli enti, in un caso di infortunio sul lavoro, possono essere applicate  solo dopo la verifica del MOGC (Modello di organizzazione, gestione e controllo, previsto dallo stesso decreto), anche nel caso in cui l’imprenditore sia stato condannato penalmente. 

Le sanzioni previste dal d. lgs 231/2001, infatti, vengono comminate se l'ente ottiene un risparmio di spesa o un vantaggio dall’inosservanza delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Questo aspetto può scaturire solo dalla espressa valutazione da parte dell’organo giudicante, anche mediante l’ausilio di consulenti tecnici, del MOGC, aspetto, questo, del tutto trascurato dalla Corte territoriale.

Nel caso in questione, un operaio dipendente di una srl che forniva un servizio in subappalto aveva perso la vita nell'utilizzo di una palificatrice. E’ emerso che i giudici di merito non avevano preso in considerazione il documento aziendale, regolarmente predisposto.

La Cassazione pur confermando le responsabilità individuali dell'imprenditore e del capo cantiere, non riscontra la responsabilità amministrativa dell'ente secondo il d.lgs 231/01, affermando:

"la sentenza impugnata, al di là di un generico richiamo ad una maggiore velocità nell'esecuzione dei lavori, non indica puntualmente quale "interesse" o "vantaggio" sia stato ravvisato nell'agire dell'ente, non misurandosi con la circostanza che risulta essere stato stipulato un contratto di "nolo a caldo", rispetto al quale si ignorano le pattuizioni retributive intercorse tra le ditte; ma, soprattutto, risulta del tutto omessa nelle sentenze di merito la valutazione sul contenuto e sulla idoneità del modello organizzativo, tema che pure la difesa aveva seriamente posto con l'atto di appello  e con la memoria successiva (18 ottobre 2017), rinvenendosi soltanto considerazioni circa il P.O.S.  che è cosa diversa. In altre parole, i giudici di merito hanno svolto l'equazione per cui la responsabilità penale della persona fisica datore di lavoro/preposto equivale alla responsabilità amministrativa dell'ente", trascurando l'articolata disciplina posta dal d. Igs. n. 231 del 2001. "

La sentenza afferma quindi il principio di diritto, a cui deve attenersi il giudice del rinvio, per cui:

"In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica compete al giudice di merito, investito da specifica deduzione, accertare preliminarmente l'esistenza di un modello organizzativo e di gestione ex art. 6 del d. Igs. n. 231 del 2001; poi, nell'evenienza che il modello esista, che lo stesso sia conforme alle norme; infine, che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell'ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto".

E’ evidente come anche questa pronuncia rinnovi la necessità da un lato, per le aziende, di adottare ed efficacemente attuare un modello di organizzazione in grado di implementare procedure di mitigazione del rischio, con evidenti ricadute esimenti nell’ambito del procedimento e del processo penale, dall’altro, per i giudici di merito, di porre la massima attenzione alla valutazione di detti modelli, ove esistenti, ai fini dell’attribuzione di responsabilità alla persona giuridica, avvalendosi anche di consulenti tecnici indispensabili per una corretta analisi dello strumento al tempo della commissione del reato.     

 

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